Motocicli

Hornet 600

Questa moto durante la sua produzione ha avuto varie modifiche

Dal 1998 al 2003
La produzione della Hornet inizia nel 1998 con la prima serie. È un esempio motociclistico di naked sportiva e viene subito definita streetfighter, infatti su un telaio leggero viene montato il motore della sportiva CBR 600 1997. I suoi punti di forza sono la linea pulita, il prezzo economico e le buone prestazioni. Nel 2000 viene lanciata una nuova versione, la HornetS o CB600S, versione turistica dotata di cupolino, che si affianca alla F ma, anche a causa della linea non riuscitissima, non ne bisserà mai il successo. Contemporaneamente il cerchio anteriore da 16 passa a 17 pollici

Dal 2003 al 2005
Subisce nel 2003 il primo facelift con il cambio dei fari, della coda, dello scarico, del serbatoio, delle fiancatine ed altre migliorie minori. A parte l’assetto molto più rigido grazie alle nuove forcelle, che ora non finiscono a fondocorsa nelle frenate più violente, poche le modifiche dal punto di vista tecnico che si mantiene fedele all’originale[1]. La versione S non viene aggiornata e verrà venduta fino ad esaurimento delle scorte, quando esce di listino. Dal 2005 al 2006 Nel 2005 avviene l’ultimo cambiamento: la moto viene equipaggiata con un tachimetro di tipo digitale ed un piccolo cupolino e cambia la forcella anteriore che presenta steli di tipo rovesciato, più moderni e sportivi. A fine 2006 termina la produzione della prima Hornet, contemporaneamente viene presenta la nuova versione (Hornet 2007) che arriva sui mercati europei nel 2007.
Caratteristiche in comune a tutti i modelli Tra le linee guida che hanno sempre contraddistinto la prima serie della Hornet in tutte le sue cilindrate e versioni troviamo: Faro tondo (a parte la versione 2007) Scarico singolo alto sul lato destro che rasentava l’alloggiamento del passeggero (a parte la versione 900 e la versione 600 del 2007) Motore completamente a vista Maniglione posteriore (a parte la versione 2007) La critica maggiore riferita alla Hornet è stata riferita al telaio, che essendo un monotrave in acciaio, non è stato mai abbastanza rigido o comunque è stato sempre considerato inferiore alle concorrenti, in virtù di queste considerazioni nella versione 2007 il vecchio telaio in acciaio è stato sostituito da uno più leggero e rigido in alluminio.

suzuki 500

 Suzuki GS500

Nonostante la GS500 non sia molto grande, ha spazio a sufficienza per piloti di tutte le altezze. La sella dal bel rivestimento antiscivolo è ben imbottita, bassa e ampia: è facile muoversi avanti, indietro e di lato, secondo le esigenze di guida. Le svasature laterali dello stretto serbatoio sono generose e ospitano a dovere anche le ginocchia dei più alti. Le pedane sono distanziate, centrate al meglio, così le gambe si piegano naturalmente e non si stancano. Il manubrio, aperto e rialzato, permette al busto di stare moderatamente inclinato, senza causare indolenzimenti agli avambracci e ai polsi.
Anche il passeggero sta comodo: la sua sella è soffice e non molto più alta di quella del pilota, le pedaline sono alla giusta altezza e una robusta maniglia gli permette di reggersi bene durante i viaggi.
Semplice e tradizionale nel design ma chiara nella lettura, la plancia è totalmente analogica. Il cruscotto è formato da due grossi strumenti rotondi: il tachimetro (nel suo quadrante ci sono anche il contachilometri totale e quello parziale) e il contagiri.
Grazie a una perfetta ergonomia, i blocchetti elettrici si usano facilmente, in modo intuitivo. Per quanto riguarda le leve di freno e frizione, non sono regolabili nella distanza dalle manopole: del resto, su una moto così a buon mercato, sarebbe troppo pretendere di più.
E’ facile muovere a motore spento la GS500, grazie alla sua leggerezza e al baricentro basso: tra l’altro, l’ampio angolo di sterzo aiuta a ridurre le manovre negli spazi ristretti. La stampella laterale si aziona anche senza guardarla, tanto è posizionata bene. Al cavalletto centrale, invece, bisogna abituarsi. Il problema non è lo sforzo richiesto per alzare la piccola sport-touring Suzuki, davvero minimo, ma la mancanza di un’apposita maniglia sul fianco della moto: per aiutarsi a dovere con la mano destra durante la manovra, bisogna arrangiarsi a trovare un appiglio di fortuna sotto il codone. Inoltre, la particolare forma del cavalletto richiede una spinta decisa per mettere a terra la GS. Non molto lo spazio per riporre gli oggetti: un ridotto vano sotto la sella, permette di portare con sé piccole cose utili, come il cellulare o il kit per riparare le forature. I retrovisori offrono un buon campo visivo, ma vibrano abbastanza quando il motore raggiunge i regimi medio-alti.

t5

Vespa 125 T5

Il modello T5 fu costruito dal 1985 al 1989. Era un modello sportivo, costruito sulla base della Vespa PX, dalla quale differiva per il faro anteriore rettangolare, il cupolino in plastica sul manubrio, la coda più verticale, per la strumentazione più grande con contagiri elettronico, per una crociera del cambio modificata al fine di evitare i forti tac durante le cambiate veloci, per il nasello davanti più appuntito, per la corsa più corta di quella del PX (52mm contro 57mm), per i cuscinetti di banco a rulli più robusti e, differenza più importante, i 5 travasi del cilindro invece di 3 (da qui il nome T5). Inoltre era molto aerodinamico, grazie a una serie di modifiche come il parafango più piccolo, l’estrattore d’aria alla base delle scudo ed il cupolino. I primi esemplari prodotti funzionavano a miscela benzina/olio (al 2% di quest’ultimo) con l’opzione di poter adottare il miscelatore automatico. In una seconda fase della produzione, la casa madre introdusse gli specchietti retrovisori direttamente nella struttura del manubrio, mirando a garantire una maggiore efficienza alla visione posteriore rispetto a quella che era possibile ottenere grazie ai poco efficienti retrovisori prodotti da talune aziende operanti nel settore dei ricambi “after market”. La velocità massima della T5 era di 108 km/h, che si raggiungevano con una relativa facilità, anche grazie alla curva di erogazione della potenza piuttosto appuntita.
Di converso, la T5 non era particolarmente brillante in ripresa, mostrando un’evidente pigrizia a prendere giri nei regimi bassi ed intermedi, costringendo spesso a scalare una marcia per mandare il motore “in coppia”. Alle buone prestazioni complessive del motore, faceva paio un discreto equilibrio complessivo del telaio, adeguatamente assecondato da freni (a tamburo) migliorati nell’efficienza rispetto a quelli della Vespa da cui derivava. Abbastanza elevati – sempre rispetto al modello di riferimento – erano i consumi di carburante.
La Vespa T5 è ancora usata da molte scuole-guida per gli esami pratici della patente A1 e A2. In ambito sportivo inoltre, questo modello di Vespa (assieme all’ancora più rara PK Automatica) era il premio che veniva dato a chi conquistava la Pole Position al Gp di Monza nel Campionato di Formula 1. Per questo la Piaggio apponeva l’adesivo T5 POLE POSITION. I piloti di Formula 1 che hanno ricevuto in premio la T5 o la Vespa Automatica sono Ayrton Senna e Nelson Piquet.

 

zip 125

Piaggio Zip 125 4T

 

 

 

 

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